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sabato, aprile 17, 2010

Schlimazel alla riscossa

Ieri sera sono tornata a casa piuttosto tardi e sarei dovuta andare a letto senza tappe intermedie. Poi c’è stato il pensiero fugace di IO e ANNIE (Annie Hall) e non ho retto alla tentazione di guardarlo. Questo intento titanico è durato non più di 33 minuti, ci tengo a specificarlo per onestà intellettuale, ma adesso sono tutta intrisa della sua bellezza e continuo a tornare lì, tra la grana vintage di una pellicola che raccoglie tocco, colore, idee e ironia.

Stamattina ragionavo sui personaggi di Woody Allen, quelli interpretati da lui nel corso della sua lunga filmografia. Ognuno di essi, nelle rispettive differenze, riporta allo schlimazel yiddish, a quell’essere sfigato, preda di continui attacchi del destino, orfano della fortuna e della giustizia, in perenne dubbio sul perché di tanta ferocia contro la sua condotta umile e ineccepibile.

Lo schlimazel è capace di guardare il cielo notturno con tutta la sua poesia, con la buona volontà degli uomini per bene, ma ogni sacrosanta volta le stelle che intravede, in un misto di stupore e ingenuità, sono sempre e comunque stelle malevole.

La forza di tutti gli schlimazel del mondo, siano essi consci di appartenere alla categoria, o siano invece in continua e aperta polemica con le Leggi di Murphy, è l’ironia, la domanda, l’innocenza.

L’ironia… Non conta l’esito dei nostri passi, non conta neanche l’attacco reiterato di chi ci vuole male, sia esso un Fato chirurgico o una persona fisica machiavellica.

La chiave del nostro vivere ramingo risiede nel senso che diamo ai fatti e nella capacità di confezionarci attorno una bellissima risata. Talvolta amara e faticosa, ma pur sempre moto di liberazione e costruzione di senso.

Spesso le cose accadono in un modo che ci è oscuro, ci offende, ci rende fragili e disperatamente vogliosi di lacrime. Interpretando, sovvertendo e ridendo, le cose non saranno mai così terribili e offensive. Ed è questo che auguro alle persone che amo: una sonora risata di costruzione, perché distruggere il giardino del nostro dirimpettaio non darà mai un senso alle nostre umane e democratiche sventure.

Augh.

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