Un amico mi ha chiesto come stia. E ad un tratto mi sono chiesta: come sto? Dunque…
Da qualche ora ho realizzato che siamo in maggio (ho sempre bisogno di 48/50 ore per metabolizzare il cambiamento) e che questo mese porterà un nuovo anno sulla carta d’identità.
Non sono affatto triste. Questi anni li ringrazio ogni giorno.
Per la loro limpida determinazione. Per quel tanto di saggezza in più che mi rende pronta, meno disorientata. Per quel goccio di incoscienza che mi regala ancora la voglia di tentare. Nonostante ogni evidenza. Sfidandone di nuova, regalandole nuovi significati.
Ho all’attivo (o bisognerebbe dire “in passivo”?) la rottura di una televisione, di un telefono e di una vetrinetta antica (per fortuna si è rotto solo il vetro della vetrinetta… ma capirete che chiamandosi “vetrinetta”, la cosa non può che destare pessimismo).
La televisione l’ho colorata con alcuni Uni-posca fluo, in una sera di pensieri accaldati (qualche giorno fa era estate, fino a prova contraria). Mi chiedo cosa penserà l’Amsa al momento del ritiro… mi chiedo come porterò in strada quell’enorme buco nero, per il ritiro concordato.
Sono malinconica. Ma è uno stato con cui convivo egregiamente… inizio a sospettare che sia un abbraccio languido di cui non posso proprio fare a meno. Un sussulto da diva del muto, una chitarrina triste triste di un uomo in veranda. Il riflesso in uno stagno. Una rana che gracchia e pare dica qualcosa.
Sono in attesa di capire se il mio piano “Hemingway al contrario” potrà dirsi fattibile. In attesa di capire se il suddetto piano mi piaccia. Vorrei partire e non tornare per un po’. Lasciare tutte le carte sulla scrivania e infischiarmene della catalogazione.
Vorrei che qualcuno mi dicesse:
- Ciao, ti va di partire e non tornare per un po’? Porta le scarpe da tennis, che si cammina.
Vorrei fare foto con la pellicola, che se le sbagli comunque paghi lo sviluppo e scrivere lunghe lettere ad amanti berberi (lettere, che si perderebbero sicuramente tra le dune, incastonate in bellissime rose del deserto).
Vorrei ci fosse una coppa di gelato che mi citofona proprio questa sera e mi chiede solo di essere mangiata. Mi verrebbero i brividi dal freddo e ad un tratto capirei che è gioia, che sono brividi di gioia. Perché il freddo è più blu, il freddo è solo, mentre la gioia osserva in solitudine ma convive. Con delizie e piccolezze. Con la bellezza e il senso di precarietà. Convive pure con le particelle di polvere, in particolari sere di saggezza.
Vorrei dei colori saturi, come quelli di certe foto che non smetteresti di guardare, vorrei vestirmi solo di colori saturi e camelie.
Vorrei una favola. Mica ho preferenze. Basterebbe ci fosse un bosco, un albero, una discreta ombra e una mela (non avvelenata, possibilmente).
Vorrei la mia Isola e un bagno alla Crialese.
Oggi ho aperto una scatola e ne sono usciti ricordi. La carta… vorrei anche lei, vorrei continuare a frequentarla.
E disegnerei, se solo ne fossi capace.
Vi bacio.
1 commenti:
Pur amando le foto su pellicola, odio che sia qualcun altro a svilupparle e stamparle per me.
All'inizio mi pareva normale e la cosa non mi disturbava.
Poi alle medie un prof di educazione tecnica (ma esisterà ancora questa materia?) mi ha insegnato a sviluppare e stampare nella piccola camera oscura della scuola.
Da quel momento mi sono reso conto della creatività di cui venivo derubato tutte le volte che il laboratorio sviluppava e stampava le mie foto, interpretandole oppure semplicemente applicando i processi a casaccio.
Da quel momento ho fotografato pochissimo fino all'avvento delle macchine digitali.
Adesso mi sento nuovamente padrone in toto delle mie foto. (sebbene i risultati siano ugualmente pessimi! ;-) )
---Alex
PS = Per essere Milanese metti sempre un bel po' di Toscana nei tuoi scatti.... Curiosa questa cosa...
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