Il blog si è trasferito!

Sarai reindirizzato automaticamente in 6 secondi. Altrimenti vai a
http://www.zeldawasawriter.com
e aggiorna il segnalibro.

giovedì, giugno 10, 2010

Scriviamo

Scriviamo con la sensazione scostante che nulla di quanto stiamo imprimendo sulla carta avrà mai il potere di cambiare la storia, nemmeno quella di un destino individuale, eppure, allo stesso tempo, con la netta impressione che nell'intricata giungla cittadina di antenne televisive qualcuno ci stia ascoltando e tutto quanto un giorno potrà cambiare.
Scriviamo tronfi della passione logorata, ma non per questo meno ardente, di chi sa di dominare il linguaggio in un paese dominato dalle mode e dall'analfabetismo dell'efficienza; alle fiere del libro ci divertiamo a spargere la voce che sessanta nostri autografi, libro compreso, si possono barattare con uno di Maradona e due di Ronaldo.
Scriviamo spinti dalla vocazione per la volontà, la leggenda, l'utopia, l'umorismo nero, la satira, il melodramma involontario, il realismo accidentale. Scriviamo perché ci sembrerebbe di morire se non potessimo raccontare storie di fate e folletti, gli incubi dell'ultimo dittatore o la descrizione del campo da pallacanestro dopo la partita, e moriremmo davvero se smettessimo di farlo.
Scriviamo con tutta l'anima, con la disperazione di un disgraziato che rischia la vita sull'ultimo tram se non troviamo il tono giusto, se non riusciamo a costruire bene un personaggio secondario o a trovare la parola perfetta per descrivere lo smog della notte quando non ci è possibile vederlo.
Scriviamo perché crediamo nel potere della parola, nella sua suadente capacità trasformatrice; sappiamo che la letteratura è la più efficace arma di distruzione di neuroni avariati, simile a una grande navicella aliena in orbita nei nostri cervelli; sappiamo che nessuno può rimanere la stessa persona dopo aver letto il Diario di Anna Frank e che un uomo di quarant'anni non può essere razzista se da adolescente è stato un fanatico di Sandokan e di Salgari; sappiamo che laddove Lenin falliva, Robin Hood era sempre invincibile; sappiamo che si rimorchia molto più facilmente con le poesie di Neruda e che il conte di Montecristo è la personificazione del sacrosanto diritto alla vendetta, che da queste parti è diventata lo strumento politico più diffuso.
Scriviamo qui, nel luogo che ci ha scelto e che abbiamo fatto nostro, in questa America Latina ultima riserva di passioni in un pianeta decaffeinato e light. Nemmeno allo stadio terminale di un'infermità mentale scambieremmo la nostra condizione di narratori latinoamericani con il lauto conto in banca di qualche scrittore americano di best seller o di uno stilista modaiolo europeo.

PACO IGNACIO TAIBO II
© 2000, Marco Tropea Editore

Technorati Tag:

3 commenti:

fiori.viola ha detto...

ccciao patata, da dov'è tratto questo brano? Sai che lui viene al BabelFestival? Perché non lo intervisti? Se ti va, ti giro i contatti dell'organizzatrice del Festival e di Cristina, ufficio stampa Marco Tropea. Famme sape*a

fiori.viola ha detto...

uh, mi è appena venuta un'idea.. stasera c'è questa cosa qui http://www.myspace.com/parolacantata
Ti va di andarci insieme? *a

Zelda was a writer ha detto...

ciao cara! come stai?
allora, per il brano del mittttico Paco: credo sia tratto da un libro che si chiama Te li do io i Tropici. La verità è che alberga nelle cose del mio pc in un misero word da copiaincolla e ogni volta che mi ci imbatto la devo pubblicare da qualche parte. :D
Paco l'ho intervistato due volte ai tempi del mio lavoro radiofonico e conservo di lui un ricordo bellissimo.

Conosco bene la manifestazione di questa sera, è organizzata da Joe, un amico! Stasera però dovrei essere alla maratona del tiramisù organizzata da tempo immemore da altri amici. Prevedo calorie, macchie e mal di stomaco. Da manuale, insomma.

Sento che arriva il momento per noi: l'estate milanese ci farà conoscere!