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venerdì, giugno 18, 2010

Un’isola di bene a Milano

Mi dicono che non è vero, che non ho preso un appuntamento per pagare queste benedette tasse. No no, mi dicono che è impossibile! Sono davvero certa? Ho fatto il numero giusto?
Certo, in lista c’ero, ma non è la giornata giusta, spiacenti. La giornata giusta è domani, ma è tutto pieno, spiacenti una seconda volta.
Eccomi lì, con un’iniziale crisi di nervi, complici quegli stramaledetti numeri, che da sempre mi confondono a livelli inspiegabili. Eccomi ad un passo dal crollo, mentre mi chiedo cosa diavolo ci faccia io con i documenti di una vita sulla schiena, a cosa mi si sia servito non dormirci per il timore di aver dimenticato qualcosa. Prendo il mio fardello di formule e compromessi e giro i tacchi verso casa.

Piove, porca miseria. E sono vestita come nella più stitica delle primavere. La pancia inizia a borbottare e così mi rendo conto di non avere neanche mangiato. Mi dovrò fare un discorsetto prima o poi… un giorno mi dovrò dire che mangiare è una necessità e non un optional. Con questo pensiero decido di starmi antipatica e procedo a scatti convulsi come una marionetta piena di tarli.

Ad un passo dal crollo ecco che capito di fronte alla vetrina di uno splendido negozio retrò. Arriva Cecilia, la proprietaria: non ci conosciamo, ma abbiamo scritto tante lettere a mano e  forse gli entusiasti non hanno bisogno di tante parole, forse gli entusiasti si riconoscono al volo. Così mi apre la porta e mi invita ad entrare, io rispondo con un Ciao, è un piacere!! Sulle prime mi sembra una formula terribilmente old style, poi mi rendo conto che ci sta d’incanto in questo paradiso di colore ed equilibrio. L’intonaco che racconta di mille stratificazioni ci abbraccia con sapienza e ci perdiamo a chiederci il perché di alcune macchie fiorate che appaiono tra righe turchesi e piccole isole scrostate.

Cecilia una volta ha letto un libro di Lalla Romano e si è innamorata perdutamente della sua scrittura, allora le ha scritto una lettera e dopo qualche tempo è riuscita a conoscerla e a diventare l’archivista entusiasta e galvanizzata del suo poderoso tesoro di carteggi e parole. Adesso gestisce questa delizia e sono sicura che le lettere non ha mai smesso di scriverle.

Siamo state un bel po’ a raccontarci, io e lei. Come se fossimo conoscenti da tempo immemore. Tornerò da lei e  mi tufferò nel tripudio di colori e storie che è in grado di regalare.

Se volete farvi un giro, la trovate qui.

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